Ospedale San Camillo di Roma. Assunzioni per medici non obiettori per garantire il diritto all'aborto

di redazione 22/02/2017 CULTURA E SOCIETÀ
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Nel novembre del 2015 l’ospedale San Camillo di Roma ha indetto, per la prima volta, un concorso per dirigenti medici riservato ai non obiettori di coscienza per contrastare la non applicazione della legge 194 sul diritto all’aborto, e nei prossimi giorni – finite le prove di esame – dovrebbero esserci le prime assunzioni.

 Il San Camillo è il centro per l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) più importante del Lazio e i ginecologi obiettori sono oltre l’80 per cento.

In questi giorni sono in corso le prove orali previste dal bando, ma nel giro di pochi si procederà con le due nuove assunzioni.

 Nel giugno del 2016 il Commissario ad acta della regione Lazio (in questo caso, il presidente Nicola Zingaretti) emanò però un decreto con cui autorizzò l’ospedale ad aumentare a due il numero di ginecologi da assumere tramite quello stesso concorso. (Nicola Zingaretti è stato nominato Commissario ad acta nel 2013: questa figura è una specie di funzione straordinaria dell’amministrazione ed è prevista dal codice del processo amministrativo).

 Nell’oggetto del bando è specificata la funzione che dovranno assolvere i nuovi due dirigenti medici: e cioè praticare interruzioni di gravidanza. Questo criterio è stato deciso per contrastare l’enorme ricorso all’obiezione di coscienza e per non permettere all’ospedale di provvedere a un servizio che è stabilito per legge. Chi risulterà vincitore di questo bando, per i primi sei mesi non potrà optare comunque per l’obiezione e potrebbe rischiare il licenziamento perché risulterebbe inadempiente rispetto al compito specifico per cui è stato assunto. Passato questo periodo il rifiuto di fare interruzioni volontarie di gravidanza potrebbe invece portare alla mobilità o alla messa in esubero.
 
Si sa infatti che sempre più spesso medici assunti come non obiettori, proprio per evitare la desertificazione dei reparti della 194, si sono appellati quasi subito all'articolo 9 della legge per abbandonare il servizio. In questo caso invece, come spiega Fabrizio d'Alba, direttore generale del San Camillo-Forlanini, "se chi ha vinto il concorso farà obiezione nei primi sei mesi dopo l'assunzione, potrebbe rischiare il licenziamento, perché sarebbe inadempiente rispetto al compito specifico per cui è stato chiamato". E dopo, invece, passato il periodo di prova, il rifiuto di fare interruzioni volontarie di gravidanza potrebbe portare "alla mobilità o addirittura alla messa in esubero".

Un punto delicato. Il concorso indetto nella primavera scorsa dall'ospedale San Camillo, era dichiaratamente rivolto ai ginecologi non obiettori. E per questo duramente attaccato dai movimenti del Family Day. "Invece è stata una grande novità - aggiunge Fabrizio d'Alba - che finalmente riequilibra l'applicazione della legge 194, oggi depotenziata dal ricorso all'obiezione. Ed è dunque evidente che chi ha deciso di partecipare ad un concorso con questa finalità dovrà rispettare quanto scritto nel bando". Del resto già oggi il reparto di Ivg del San Camillo effettua circa 2400 aborti l'anno, di cui 1600 chirurgici e 800 farmacologici. Ma i numeri potrebbero crescere visto che in tutto il Lazio ormai i ginecologi obiettori sono oltre l'80%.
 
E proprio il modello virtuoso del concorso "no-obiettori" indetto dal San Camillo è approdato in Parlamento con una mozione della senatrice Pd Laura Puppato, che ne ha chiesto l'applicazione in tutte le regioni italiane.
Bisogna pero chiedersi: funzionerà? Ed è questa davvero la strada per evitare la morte dei reparti di interruzione volontaria di gravidanza? E davvero un concorso finalizzato alla legge 194 rende impossibile l'obiezione?
Alessandra Kustermann, ginecologa famosa e non obiettrice, dice che di fronte ad una fuga così massificata (7 ginecologi obiettori su 10 in Italia), il modello-Lazio è "sicuramente valido".

"Non può bastare però. Bisogna agire sulla cultura di chi sceglie questa professione. Dove tutto fa parte della salute della donna: un parto, un'ecografia, una diagnosi fetale e anche, purtroppo, l'aborto. Io credo che le donne abortiscano per legittima difesa, per mille e una ragione, tutte da rispettare. E allora se da una parte è disumano obbligare chi fa gli aborti a fare soltanto quello, è ingiusto che ci sia chi se ne lava le mani.. Ognuno di noi deve poter far nascere un bambino, ma se ce n'è bisogno anche interrompere una gravidanza. Questo per me vuol dire essere una ginecologa".


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